
Sbaglierò, ma a parte tutto, a me pare che non sia tanto il Bossi ad avere imposto ultimatum al Cavalier quanto il popolo leghista al Senatur.
In pratica ieri a Pontida s'è detto: non prendeteci ancora a calci, pazientate, o popolo verde, vedrete che riformeremo il fisco, argineremo l'onda dei clandestini e porteremo pure dei ministeri al nord. E la base: se - ce - ssione... se- ce- ssione... E Bossi: Cosa? sì... sì.. la secessione certo. Elezioni meglio di no però, che non è aria. Adesso pensiamo alle riforme, sono qui su questo foglio: dodici riformine dodici. Non c'è Cavaliere o Tremonti che tenga. O si fanno entro il 2013, ste riforme, o nulla è scontato: persino la leadership del Berlusca. Addirittura!
Insomma, dopo due anni e mezzo di governo azzurro-verde, il countdown è ricominciato. Tempo poche settimane, se lo shattle delle riforme non partirà, saranno i leghisti a mandare in orbita l'ex leader massimo e tutto l'ambaradan governativo. Si capisce che a rischiare il collo, non è il solo Berlusconi ma soprattutto Bossi. Ma a tenere in mano la corda della ghigliottina, non è il senatur ma la gente della Lega.
E allora colpisce il fatto che più che dire cosa fare, Bossi abbia detto cosa non fare. Niente più parole d'ordine o direzioni di marcia. Piuttosto, un Bossi temporeggiatore, con spirito assai poco leghista, chiede alla base di fare quello che meno sa fare: temporeggiare.
Così la spada di Alberto da Giussano s'affloscia solo se a tenerla in mano è l'ex celodurista, capo dei capi verdi, onorevole Bossi.
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