domenica 15 maggio 2011

Il nuovo razzismo ideologico del berlusconismo






Il berlusconismo ha ormai diffuso fra i suoi seguaci un nuovo tipo di razzismo ideologico. Un razzismo che si alimenta di tanti pregiudizi popolari. Un razzismo che sfrutta l'anticomunismo per creare una nuova sottocategoria umana: quelli di sinistra, i comunisti.

Certo per gli italiani l'anticomunismo e' un sempreverde. Nel dopoguerra, la minaccia sovietica sicuramente giustificava questo sentimento. Gli italiani avevano ragione da vendere nel respingere e odiare la Russia dei Soviet, di Lenin e di Stalin. Il comunismo significava nazionalizzazione delle attivita' produttive, esproprio, abbattimento della democrazia e instaurazione della dittatura proletaria. L'anticomunismo, giustamente, reagiva e combatteva tutto questo.

Ma chi oggi non si opporrebbe a quel comunismo? La realta' e' che noi italiani siamo tutti anticomunisti oggi. Il paradosso e' che mentre i comunisti duri e puri sono cosa del passato, l'anticomunismo rimane cosa del presente, in Italia. Cosi' lui, il Cavaliere, l'amico di Putin e di Lucashenko (due ex comunisti non da poco) ha creato un nemico ideologico del tutto antistorico: la sinistra in senso astratto, i comunisti in senso concreto.

E' dalla sua discesa in campo nel 1994 che Berlusconi usa un linguaggio potenzialmente razzista.  Gia' nei suoi spot d'esordio ammmoniva gli italiani contro il pericolo rosso. Si appellava alla sua Italia, l'Italia che lavora. La contrapponeva all'Italia che non lavora, l'Italia degli oziosi e dei parassiti, l'Italia della sinistra. Il messaggio era chiaro: i comunisti sono quelli che non lavorano, sono i parassiti sociali nel corpo sano dei lavoratori italiani.


Adesso, alla vigilia delle amministrative di maggio a Crotone il premier getta benzina sul fuoco. Invita la folla a votare a destra "perche' a sinistra si lavano poco", perche' "i leader di sinistra sono sempre incazzati". Invece, nelle politiche del 2006 il Silvio nazionale aveva dichiarato che "chi vota a sinistra e' un coglione". Oppure che Forza Italia era il partito dell'amore che ovviamente si difendeva dal partito dell'odio. E di nuovo nell'ottobre del 2008, ispirato dallo Sgarbi furioso, il nostro premier defini' la Bindi "piu' bella che intelligente". E le donne di sinistra come certamente piu' brutte di quelle di destra.

L'impianto razzistico di questo modo di parlare si fonda sul principio di superiorita'. Per Berlusconi la destra e' migliore perche' e' superiore alla sinistra che non lavora e che vuole il male. In questo linguaggio manca qualsiasi riferimento a contenuti politici. Il consenso e' ricercato attaccando le persone. In particolare quelle di sinistra, che non vanno a votate perche' sono parte di quell'Italia che non lavora, che vive sulle spalle di quella che lavora. La sinistra e chi vota a sinistra diventano il male, l'odio.   

Berlusconi demonizza l'avversario, lo vede solo come una cosa inferiore. La storia e' piena di esecrabili esempi di leader di destra che hanno marchiato i loro nemici con epiteti ingiuriosi. Cosi', gli ebrei per una certa odiosa cultura sono stati quelli sporchi, quelli che non si lavavano, quelli brutti. La destra di Berlusconi attinge proprio ai pozzi di quella cultura politica avvelenando il terreno politico d'Italia con un nuovo razzismo ideologico.

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